Dissonanza cognitiva

Il termine Dissonanza Cognitiva fu coniato nel 1957 da Festinger (Festinger, 1957) per descrivere la presenza di assunzioni, opinioni, credenze “dissonanti” tra loro, o contrastanti con il proprio comportamento.



Tale incoerenza tra pensieri, opinioni e, spesso, comportamenti, produce un disagio psicologico che la persona tenta di ridurre giustificandosi, ad esempio, con pensieri logici e articolati nel tentativo di eliminare l’incoerenza. Questo non è però l’unico modo di ridurre la dissonanza.

La dissonanza cognitiva può essere ridotta, infatti, anche in altri modi come, ad esempio, modificando un proprio comportamento per renderlo maggiormente coerente col pensiero, o modificando la convinzione incongruente oppure tentando di ridurre l’incoerenza tra due pensieri/comportamenti ricercando delle prove a favore del comportamento incoerente etc..

Ridurre la dissonanza che si percepisce internamente ha, oltre al vantaggio di diminuire il disagio psicologico prodotto, lo scopo di preservare l’autostima.

L’incoerenza tra pensieri o pensiero e comportamento spesso minaccia la propria immagine di sè facendoci percepire non così buoni, moralmente adeguati o capaci, a seconda del caso.

🌀 Curiosità:

⁃ Pensieri, opinioni e comportamenti tra loro coerenti generano, invece, una condizione emotiva soddisfacente definita “consonanza cognitiva”

⁃ Un esempio di dissonanza cognitiva è rappresentato dalla famosa Favola di Esopo “La Volpe e l’Uva” in cui la dissonanza fra il desiderio di raggiungere il grappolo d’uva e l’impossibilità di arrivarvi porta la volpe ad esclamare “tanto è acerba!”

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Bibliografia:

Festinger L. (1957) Teoria della dissonanza cognitiva, Angeli, Milano 1973